sabato 21 gennaio 2017

Il problema della sinistra di Alfredo Morganti


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La butto lì, così.
Il problema della sinistra, della sua frammentazione, delle sue liti, della sua incapacità talvolta di fare massa, di scivolare verso una sorta di scialo politico e intellettuale, e poi disperdersi in gruppi e gruppuscoli, partiti e partitini sparsi, più sparsi che altro, questo problema che molti segnalano e che ha un suo fondo di verità, dipende a mio parere da almeno due ragioni.
La prima.
Se protagonista della vicenda è un ceto politico sparso, sciolto, inquieto, insicuro, e se questo perde di connessione (non solo sentimentale, ma effettiva, materiale) con i suoi referenti sociali, con le classi, i ceti, i soggetti, il ‘popolo’ (chiamateli come volete) e si ritrova sparuto e spaiato dinanzi a una quota ancorché limitata di seggi parlamentari, intento più a rappresentare se stesso che altro, è difficile, e forse impossibile, che tale ceto non finisca per litigare in modo ultimativo e poi disperdersi (oppure, al più, a formare un gruppo parlamentare dedito a mera attività di comunicazione) – tanto più se il ‘partito’ (in senso forte come intellettuale collettivo e come comunità) ancora non c’è e, a queste condizioni, appare persino difficile e complicato che possa esserci davvero in futuro.
La seconda.
In assenza di una cultura politica, o anche di un suo abbozzo circostanziato, di una forte e diffusa capacità di elaborazione culturale, di un’efficace azione politica da porre a fianco dei saperi e dei contributi tecnici, di un progetto solido di organizzazione della cultura, di un’idea della cultura stessa come risorsa e di una strenua pazienza verso i tempi lunghi della ricerca e dello studio, nonché verso i dibattiti (approfonditi e finanche noiosi), tutto si ridurrà a politicismo, a tatticismo, a cinico pragmatismo, a ‘narrazione’, a politique d’abord, ad assalto piratesco, incestuoso, maggioritario delle istituzioni, a litigio spassionato, a competizione e ad agonismo personale di un ceto politico che vive di vita propria e che pensa la politica stessa appena come marketing, opportunità, comunicazione, fedeltà, carriera. Di qui lo scontro, inevitabile, tra gruppi e clan che conoscono solo i termini della fedeltà, della carriera istituzionale o aziendale, dell’ambizione sfrenata.
Ecco.

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