sabato 1 aprile 2017

A Spoleto l’agenda sociale e politica di Rifondazione

Congresso a Spoleto. Paolo Ferrero lascia la segreteria rilanciando una sinistra unita, chiara e alternativa. La parola chiave è «redistribuzione». Lavori per un «terzo polo». Interessati Fratoianni e Civati 

Redistribuzione. Al Lingotto era la parola tabù. Qui a Spoleto, all’apertura del decimo congresso di Rifondazione comunista, è il termine che accomuna l’analisi di Paolo Ferrero ai saluti, non formali, di Nicola Fratoianni per Sinistra italiana e di Pippo Civati per Possibile.
Redistribuzione quindi, del reddito e del lavoro, come prima pietra di un «manifesto», di una «piattaforma condivisa». Di un’agenda, sociale e politica, sulla quale può prendere corpo la costruzione di un’aggregazione che non sia un riduttivo, sostanzialmente inutile, cartello elettorale.
«Perché non ce la caviamo solo mettendo insieme le forze politiche e sociali dell’alternativa», avverte sul punto il segretario di Sinistra italiana. Concetto non dissimile da quello espresso da Ferrero nell’ideale passaggio del testimone a chi gli succederà: «Vorrei evitare che il prossimo segretario debba partecipare a un tavolo per spartirsi, in due nottate, i capilista alle prossime elezioni. Abbiamo sbagliato una volta, due volte; non possiamo continuare a sbagliare».
Nella giornata dedicata alla relazione del segretario uscente, salutato da un applauso finale che non finiva mai, gli oltre 400 delegati e i numerosi invitati (di Syriza, Linke, Podemos, Hdp, Izquerdia Unida e altri ancora) che affollano l’Albornoz Palace ascoltano un resoconto fatto di onestà intellettuale e rivendicazione di aver fatto molte cose giuste.
«Dobbiamo avere l’orgoglio del percorso fatto – ricorda Ferrero – abbiamo visto giusto anche nel 1997-98, quando da una parte c’era l’ultima resistenza di Jospin, e dall’altra l’Ue come è oggi. Quella di Prodi».
Perché allora Rifondazione non riesce a schiodarsi dal 2, 3%, dopo non essere riuscita ad entrare in Parlamento per due volte? «Pur dicendo cose giuste – risponde Ferrero – non siamo premiati come i cinque stelle. Succede da quando, con il secondo governo Prodi, non siamo riusciti a cambiare le politiche sociali ed economiche del paese. Lì abbiamo perso buona parte di credibilità. Così come l’abbiamo persa, mentre Grillo scriveva lettere accorate al ‘cittadino Monti’, quando la Federazione della sinistra si è rotta perché Diliberto cercava di fare una lista comune con Bersani».
Ma non può bastare a giustificare il rapporto uno a dieci con i pentastellati. «Se il M5S è oggi depositario delle speranze di cambiamento – replica il segretario uscente – dobbiamo essere capaci di fare un percorso politico chiaro, di alternativa al centrodestra, al centrosinistra, e anche ai cinque stelle, che registrano l’opinione pubblica maggioritaria e la seguono. Ma, solo per fare un esempio, ‘redistribuzione’ è una parola che non esiste nel lessico del M5S».
Di qui la proposta politica di un «terzo polo»: «Alternativo al polo neoliberista, della ‘destra tecnocratica’, così come a quello delle destre razziste».
Poi un messaggio chiaro: «Chi ha rotto con Renzi ha fatto bene. Ma se poi sostiene il governo Gentiloni, siamo su fronti diversi. Perché ad esempio quel governo ha fatto il decreto Minniti, che è di destra, è basato sulle balle che raccontano in tv, ed è un regalo a Salvini».
Passaggio apprezzato da Civati, che riconosce a Ferrero la merce rara della coerenza («sono un fan del segretario»), e sul punto insiste: «Con il decreto Minniti è stato fatto un altro jobs act. Un errore gravissimo, l’ennesimo».
La cifra, per Ferrero, di un esecutivo che sta aprendo una nuova strada anche con semplici provvedimenti di polizia – non della magistratura – che sequestrano, per ore, centinaia di manifestanti (è successo a Roma sabato scorso), e che hanno varato il cosiddetto «daspo urbano».
Ma c’è uno spazio politico per una «terza via», di sinistra di alternativa?
L’interrogativo è risolto positivamente da Ferrero: «Quella del referendum è stata una sconfitta di Renzi ma anche del neoliberismo, oltre che una vittoria, che va valorizzata, della Costituzione. Ed è stata la partecipazione a convincere il governo Gentiloni a disinnescare i referendum della Cgil. Questo, e le affollate manifestazioni contro la ‘buona scuola’, per l’8 Marzo, contro Ttip e Tap, ci fanno capire che ci sono milioni di donne e uomini in Italia che praticano, quotidianamente, una terza via».
RICCARDO CHIARI

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