sabato 18 novembre 2017

Pazza idea a sinistra, l’assemblea di Roma per una lista alternativa

In corso a Roma l’assemblea popolare per la costruzione di una lista alternativa al Pd e al centrosinistra per le prossime elezioni politiche

di Checchino Antonini

Appunti in dretta.
La diretta facebook è disponibile sulla pagina dell’ex Opg. Alle 10 ci sono già alcune decine di persone al Teatro Italia per un’assemblea convocata solo un’ora dopo. E’ l’appuntamento lanciato dal centro sociale napoletano Je so’ pazzo dopo l’eutanasia del Brancaccio da parte degli autonominati garanti, Falcone e Montanari. Punto unico all’ordine del giorno, la nascita di una lista davvero alternativa al Pd e al centrosinistra, senza le ambiguità di un percorso guidato dagli stessi settori politici che hanno smantellato le conquiste dei lavoratori imponendo tutti i dictat del liberismo: austerità, privatizzazioni, trappola del debito, guerra globale, repressione e un sistema elettorale maggioritario.
«Alla fine un teatro ce lo siamo dovuto affittare per poter intervenire!», esordisce Viola dell’ex Opg alludendo a quando lei stessa contestò Gotor, l’emissario di D’Alema sul palco del Brancaccio. «Del Brancaccio – continua – non ci piacevano certi compagni di viaggio». Viola parla della barbarie che avanza, dello spostamento a destra ormai conclamato, di Minniti che si presenta ai funerali di 26 donne migranti uccise dalle sue leggi. C’è una Costituzione da applicare soprattutto quando dice che vanno rimossi gli impedimenti sociali che sono alla base di disuguaglianze crescenti. Ha un linguaggio semplice e diretto, Viola, e più volte viene interrotta dagli applausi: «Facciamo le cose al rovescio», dice spesso esortando il teatro a superare i politicismi, i tatticismi, “le addizioni”, le chiama lei. «Dov’era il No facciamo il Sì!»: l’Internazionale di Fortini, evoca il mutualismo, il controllo popolare, l’esperienza del suo centro sociale nell’ascolto degli esclusi per «riprederci quel popolo che ci hanno levato». I passaggi che suggerisce il suo intervento prevedono una serie di assemblee popolari nei territorio prima di tornare a Roma fra due-tre settimane con poche parole d’ordine, un «programma minimo» capace di far breccia nel popolo.
Cosa sia il “popolo” lo spiegherà, dopo di lei, Manuela, 24 anni, accento campano e pelle nera, nata a Santa Maria Capua Vetere nel ’93 ma senza diritti di cittadinanza. Martedì, per l’ennesima volta, varcherà la soglia di una questura per farsi prendere le impronte digitali e richiedere il permesso di soggiornare nel paese in cui è nata. Bene, è lei a ripulire la parola popolo da ogni ambiguità populista e interclassista: «Sono le persone escluse, violate, sfruttate». Ossia, spiega Eleonora Forenza, eurodeputata Prc-Altra Europa, è la maggioranza della popolazione che il capitalismo divide in minoranze, mette in competizione, condanna alla solitudine. Forenza, una delle prime a essere contagiata dalla “pazza idea”, coglie la suggestione di una esperienza che parte proprio dalla riappropriazione di un luogo, un manicomio, in cui il capitalismo segrega persone condannate da esso stesso a un destino di patologia e devianza. Forenza chiede una campagna elettorale di cui non ci si debba vergognare, che sia chiaro che chi sta col Pse è un avversario di classe e non un possibile alleato.
No Muos, No Tap, No Tav (anche se l’intervento di Nicoletta Dosio, dalla ValSusa salta per motivi tecnici), Almaviva di Roma, autoconvocati della scuola, rete alternativa al G7, rete per l’autorganizzazione popolare, Bsa, Osservatorio Repressione, Napoli direzione opposta, un operaio dell’Ast di Terni (certamente mi sto dimenticando qualcuno): la lista degli interventi è soprattutto la fotografia delle movimentazioni sociali e delle vertenze nei posti di lavoro.
A fare da filo conduttore sembra essere l’idea di una riappropriazione collettiva della politica, della rappresentanza, delle pratiche sociali. La fine dell’equivoco, il «paradosso clamoroso», lo definisce Franco Turigliatto di Sinistra Anticapitalista, che chi ha guidato «vent’anni di neoliberismo che hanno cambiato tutto», chi ha bombardato, gestito l’austerità e distrutto l’unità di classe e tra le generazioni, oggi voglia guidare la ricostruzione della sinistra. Turigliatto riprende l’osservazione che già aveva fatto nell’intervista a Popoff, che saranno decisive le lotte, e da lì bisogna ripartire.
«Se ci sarà una lista di sinistra, sarà quella che esce da questa sala!», mette in chiaro Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione in fondo a un intervento in cui ha provato a spiegare che il suo partito, più che mettere il cappello, è interessato a partecipare alla ricostruzione di una sinistra popolare e di massa «che non sia quella confiscata da quelli del governo Renzi, del governo Monti, del governo Gentiloni.
«Basta con il meno peggio e con l’illusione di tirare per la giacchetta governi amici», dice anche Sergio Cararo di Eurostop annunciando che una decisione potrà arrivare dalla loro assemblea del 2 dicembre.
Molti interventi restano (colpevolmente) fuori da questi appunti per cui si consiglia di riguardare la diretta per rendersi conto della qualità dell’interlocuzione in corso e del clima realmente inedito che si respira in sala.

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